giovedì 11 giugno 2009

Semplice e chiaro: un sontuoso Beppe Severgnini

Tratto da "Il corriere della sera" di giovedì 11 giugno 2009


La fulminea ascesa di miss Frangetta


Prima il ruvido Soru, il lepido Letta, l'americano Martina, l'ammaliante Madìa, la morbida Mosca, lo scattante Scalfarotto, il rapido Renzi. La speranza del secolo per la settimana in corso, nel Partito Democratico, si chiama Debora Serracchiani. Trentotto anni, vive in Friuli. Gioca a tennis, tifa Roma, ama "Law and order", ha due cani e tre gatti, indossa collane colorate. Bene: e poi?
Nulla contro Miss Frangetta, che ha fatto il botto alle Europee e, contrapposta a Lady Brambilla, ha brillato a "Ballarò" (meno difficile, diciamolo). Ma l'ansia con cui il Pd lancia i suoi campioni è pari alla fretta con cui li abbandona. Un buon risultato elettorale, una candidatura, qualche uscita TV: di solito basta, per sparare in alto un nome nuovo. Intanto, giù a terra, i marpioni aspettano: cadrà, e noi ci sposteremo per non farci male.
La scelta della dirigenza sembra casuale. Le selezioni di X Factor sono più serie. Qualcuno dirà: è una strategia per evitare la cooptazione, dal caos uscirà il nome del futuro. Se così fosse, perché tutto quel lavorìo, quelle discussioni, quelle assemblee costituenti, quei ci-vedremo-a-Vedrò. Ora c'è "il gruppo del Lingotto". Buona fortuna, ma occhio: Torino, a Veltroni, non ha portato bene.
Mario Ajello sul "Messaggero" parla di "neopolitica". Termine impeccabile: i nei, sulla politica italiana, non mancano. L'uso emotivo delle nuove leve è tra questi. Perché gli americani insistono con le primarie (vere)? Perché sono un modo di provare un candidato. Idee, carattere, tenuta psicofisica. Obama non è uscito per caso. Viene da anni di tentativi, ragionamenti, esperimenti (www.rockthevote.com), lavoro porta a porta. L'unico "Porta a porta" che appassiona i dirigenti del Pd va in onda su Rai Uno in seconda serata.
In attesa di un congresso - alleluia! - qualche dubbio è lecito. I leader democratici sembrano i cavallini meccanici che gareggiano nelle fiere di paese: vanno in testa a turno, e non si capisce perché. Veltroni ha condotto una coraggiosa campagna elettorale, Franceschini s'è rivelato un vice sorprendente. Ma nessuno è riuscito a emozionare gli elettori.
Dario Di Vico, sul "Corriere", mostra d'aver capito perché la Lega funziona ("Fabbriche e gazebo: la Lega modello Pci"). Perché c'è, discute, semplifica, festeggia, ha una struttura chiara (un generale, quattro colonnelli, seguono ufficiali, sottufficiali e truppa). Dà spesso risposte rozze a problemi delicati: ma almeno le dà. Facebook è importante: ma anche guardarsi in faccia serve. Ecco perché la Lega sopravviverà a Bossi, mentre c'è da domandarsi se il Pdl abbia un futuro dopo Berlusconi. E il Pd? Per sopravvivere dovrebbe prima vivere: siamo in attesa.

martedì 2 giugno 2009

Chiarire me stesso per distinguere il concettuale dal personale

Dopo aver risposto nell’intimità del contatto diretto della posta elettronica a Mirko (cosa alla quale tenevo particolarmente visti i rapporti che mi legano al fratello e alla sua famiglia da molto tempo; cosa che mi sembrava opportuna non spiattellare pubblicamente nella vetrina seppur modesta del mio blog), mi concedo qualche riga per una replica, questa sì pubblica, al “post” di Mirko.

Premettendo che sono rimasto un po’ disorientato dal fatto che la replica si sia concentrata sull’unico aspetto non toccato dalla mia riflessione, ovvero il piano personale in generale e, nello specifico, quello legato a Benedetto Capponi (la cui conoscenza e il rapporto con il quale vanta più di qualche anno, che sicuramente non può venire cancellato da una candidatura, che, in fondo, non è altro che una forma di impegno e disponibilità per gli altri), resto però principalmente deluso dal fatto che oramai, in molte circostanze, mi sia capitato di vedere come anche i tentativi di ragionare su alcune categorie vengano alla fine interpretati e calati sul piano personale e singolare. Provo allora a chiarire me stesso con qualche annotazione sparsa.

1) La prima, egoistica e forse pure un pizzico presuntuosa, è l’unica sulla quale mi sento di essere categorico: l'espressione "certe barriere politiche e “culturali” fanno dimenticare anche la bontà dei rapporti onesti e genuini" si può applicare a molti ma non al sottoscritto.
Ho sempre attaccato, criticato e combattutto, sul piano nazionale e non solo della questione, quell’atteggiamento insano in conseguenza del quale si ipoteca un giudizio sulla persona, su una qualsiasi persona, in base al “colore” politico e ho sempre giudicato infantile l’atteggiamento – magari questo più paesano – di chi, durante la campagna elettorale, cambia i propri costumi di pubblica relazione con le persone, solo perché si trova di fronte un candidato o addirittura un “vicino” all’avversario politico: saluti che prima non avvenivano che ora compaiono o saluti che prima c’erano che poi scompaiono. Potrei io piuttosto invocare che a qualcuno torni la memoria, dato che in questa fase sempre qualcuno, diversamente da me, il saluto lo toglie e dimentica, mettendo avanti ai rapporti personali le idee politiche, o meno, e gli eventuali disaccordi su di esse (fisiologici, naturali e costruttivi): contro questo mi sono sempre battuto, figuriamoci a Grottazzolina; questo non è mai stato mio costume, figuriamoci se inizia ad esserlo ora!!!
2) Sono molto d'accordo che le differenze politiche non trovano spesso riscontro nelle elezioni comunali – e per fortuna, aggiungerei (a tal punto che, tra le due liste, penso si possa dire fuori di dubbio che quella trasversale sia quella della colomba, alla quale mi sento più vicino, diversamente da una chiara connotazione politica di "Grottazzolina nel cuore", ma lasciamo stare: non è questo che mi preme): per cui nelle mie parole non c'erano pre-concetti politici-identitari, ma la sottolineatura di una questione di concezione della politica, che ho visto venir fuori in questa campagna elettorale anche a Grottazzolina (diversamente dalle tornate precedenti), ovvero un certo modo d’intendere l'affermazione per cui la politica deve "risolvere i problemi quotidiani della cittadinanza": la politica è anche questo, ma solo dopo essere un'idea e un progetto, e qualcosa a cui si chiede di aderire e non il tentativo di rispondere ad esigenze individuali ed individualistiche, perché altrimenti finisce per essere esclusivamente una fredda procedura chiamata a raccordare individualità slegate e tutte concentrate solo sul proprio orticello: questo progetto chiede di esporsi, di prendere le parti di un'idea di paese e di vita, di esporla e proporla. Il mio appunto critico era rivolto non certo alla condivisibile e apprezzabile volontà di incontrare le persone, più volte e in appuntamenti zonali (impegno mai sbagliato), ma ad un certo modo di presentarsi e di comunicare così, direttamente o indirettamente, un certo modo di concepire e pensare la politica. Questo era il piano che mi stava più a cuore di tutti: perché penso che in questo paese (e qui mi riferisco all’Italia) troppo spesso si è finiti per chiedere alla politica qualcosa e la politica è stata ridotta a servizi e non servizio; mentre ritengo necessario che la politica recuperi una certa idealità, anche nei piccoli centri, che le consenta di essere un’architettura del convivere e non un self-service di soddisfacimenti.
3) Non mi sono permesso e non mi permetterei mai, (MAI!!), di attaccare i curricula e le personalità dei singoli candidati (alcuni dei quali conosco da tempo e sui quali non cambio idea certo per il loro impegno in quest’occasione) e del loro capolista (la cui storia personale e professionale conosco e non ho mai messo in discussione) solamente perché la pensano diversamente da me o appartengono ad una famiglia politica diversa dalla mia (mi dispiace ma proprio non appartiene al mio stile: ho decine di amici che fanno capo ad un’area di centro-destra – quasi in numero maggiore piuttosto che quelli di centro-sinistra – che possono confermarlo); non c'era nella mie righe il ben che minimo attacco personale o il pregiudizio politico a delegittimare il piano personale, quanto piuttosto la critica all'impostazione di una campagna elettorale e ad un'idea di politica che c'è dietro. Non mi sono permesso né di paragonare nessuno a veline o tronisti né di negare l'intelligenza di qualcun altro; e tanto meno laddove vi era l'unico riferimento esplicito al candidato sindaco; vi era piuttosto nel senso di sottolineare come a mio avviso la sua persona (su cui, ripeto, non discuto) sia finita per essere immagine di concordia usata da molti, molti che invece avevano un certo contrasto interno come propria immagine fino all’altro ieri, a tal punto da non essere in grado di esprimere una candidatura “interna” (non si tratta di campanile, ma solo di ricordare ceri tipi di attacchi di qualche anno fa e il valore di formare e produrre una classe dirigente locale, così come il suo rappresentante): questo però non voleva dire che il candidato sindaco si limitasse a questo (forse lo posso dire con maggiore cognizione di causa io di molti della sua stessa lista) o che io intendessi svuotare la sua vita, i suoi valori e la sua personalità: siamo proprio su un altro piano!!!!

Ho voluto, come sempre faccio, in tutti gli ambiti della mia vita (dal lavoro alle passioni), ragionare e non attaccare, usare le idee e non le persone: ma evidentemente non è più possibile in questo paese in cui ognuno finisce per prenderla sul personale. Spero che questo sia un modo per tornare a parlare di contenuti e non si riveli l’ennesima occasione in cui la politica finisce per consegnarci dibattiti sulle persone più che sulle idee. Spero che queste righe siano riuscite a far capire che questo non è il mio modo di vivere e ragionare!! Spero che queste righe servano a quanti non lo sanno ancora per capire che il sottoscritto ritiene il confronto sulle idee un modo per crescere, soprattutto quando sono diverse e quando le risposte avvengono su quel piano!!