martedì 16 dicembre 2008

Un piccolo segno della Grazia!?!

Ma la Chiesa non è una città sotto assedio

Repubblica — 15 dicembre 2008

In questi tempi si parla spesso, sui giornali, delle autorità ecclesiastiche: papa, cardinali, vescovi; e delle loro opinioni ed iniziative. Siccome mi considero (o vorrei essere o lo sono per alcune ore del giorno) un cristiano e un cattolico, ne parlo poco volentieri. Nel mondo, esiste una cosa indicibile che si chiama la grazia: l' unica cosa che importa in una religione, assai più della fede e delle opere. La grazia è una luce, un barlume, che talvolta ci visita (non sappiamo perché né quando), e dà un tocco alla nostra vita. Non ci viene data per nostro merito: nessun uomo ha meriti di nessuna specie. Ci viene data; e noi dobbiamo tenerla carissima. La ritroviamo nei Vangeli, in molti libri religiosi; e in quasi tutti i grandi scrittori. Sono le uniche testimonianze nelle quali ho fiducia. La grazia può scendere su tutti, e forse specialmente su coloro che hanno consacrato la loro vita a Dio - l' ignoto mittente della luce. Ora, sono esistiti papi, cardinali, vescovi sciocchi e incolti: ma la grazia non ha molto a che fare né coll' intelligenza né con la cultura. Così ascolto le parole dei sacerdoti con una specie di secondo orecchio, cercando di capire se qualcosa palpita e si muove dietro le parole apparenti. Non posso dimenticare un fatto straordinario. Circa un secolo fa, molti famosi e brillanti studiosi affermavano che il primo cristianesimo era legato alle cosiddette "religioni dei misteri". Avevano torto. Avevano ragione modesti professori cattolici (certo ispirati da una oscura grazia), i quali sostenevano che il primo cristianesimo si era nutrito soprattutto di ebraismo. Ho avuto e ho molta ammirazione per papa Giovanni Paolo II. Non era un papa come gli altri: un papa rappresenta in primo luogo la tradizione della chiesa, e la parla. Certo, Giovanni Paolo II venerava moltissimo la tradizione cristiana. Ma era anche un uomo: come un papa non è. Mangiava, sciava, parlava, pregava, abbracciava, sorrideva, recitava, piangeva, come nessun papa ha mai fatto. Al tempo stesso, era o pensava di essere una reincarnazione di Cristo: come testimonia tutta la sua esistenza, l' attentato, le pallottole inviate nella corona della madonna di Fatima, l' intuizione dei segni e dei miracoli, e la sua morte - imitazione degli eventi del Golgotha. Per queste due ragioni, i fedeli erano così affascinati dalla sua figura. Papa Giovanni Paolo II ebbe l' intuizione grandiosa che la Chiesa fosse il mondo: che tutto l' universo creato - i fiori, le piante, gli uomini, le case, le chiese, il mare, i pesci, gli uccelli, i sacerdoti, i bambini e persino gli infedeli e i nemici - fossero il corpo della Chiesa vivente. Così immaginava la Chiesa cattolica del Rinascimento e del Seicento - quella che ha prodotto San Pietro e i presepi napoletani. Di qui avevano origine i suoi incontri oceanici, nei quali due milioni di ragazzi sudati lasciavano cadere al suolo due milioni di lattine di birra, gridando trionfalmente la loro fede. Come disse Gesù nel Discorso della Montagna: «Tu, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo in segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà...Il Padre vostro sa già di che avete bisogno, prima ancora che lo chiediate. Voi, dunque, pregate così: "Padre nostro che se nei cieli"». La religione è in primo luogo questo: un luogo dietro la porta chiusa, nel segreto, una preghiera silenziosa che solo Dio ascolta e accontenta. Papa Giovanni Paolo II aveva un grande bisogno di presenza: doveva pronunciare quello che portava nell' anima, dirlo a tutti, tutti insieme e uno per uno, abbracciando ogni persona e cosa nel suo immenso cuore. Niente doveva sfuggire. Non rifiutò nessuno strumento: le grandi prediche, i viaggi, i perdoni pubblici, l' abbraccio dell' assassino, l' edizione delle sue opere giovanili, l' abolizione del segreto (almeno in parte), il racconto televisivo della sua vita. Un papa ha mille modi per essere presente: le encicliche, le parole dalla finestra di San Pietro, i gesti simbolici, il tocco delle mani, la preghiera silenziosa (che certo egli praticava). Purtroppo Giovanni Paolo II diede interviste: a pessimi giornalisti. Sebbene io sia un mediocre cristiano, gli errori di fatto nelle sue interviste (un papa non deve sbagliare) mi danno un grande dolore. *** Oggi, quasi tutto sembra cambiato. La gerarchia ecclesiastica pensa che la Chiesa sia una cittadella assediata: fuori ci sono gli empi, gli infedeli, i laici cattivi; e dunque bisogna alzare muri, muretti, scavare fossati, puntare cannoni o piccoli fucili, alzare il dito, proclamare principi ed assiomi. Non voglio negare che i cosiddetti laici - specie quelli che scrivono libri e articoli - dicano stolidità religiose, che avrebbero fatto impallidire il più umile fedele del tredicesimo secolo. Né che sia tollerabile vedere i cristiani perseguitati e uccisi (come gli ebrei) in molti paesi. Oggi la Chiesa non è una cittadella assediata. Cinquant' anni o sessant' anni fa, le chiese erano piene, ma quasi nessuno leggeva i Vangeli o san Paolo o Origene o sant' Agostino o Giovanni Scoto o Ildegarda di Bingen o san Bernardo, senza i quali non è facile dirsi cristiani. Almeno in Italia, il mondo cattolico possiede una straordinaria vivacità e ricchezza: case editrici, letture appassionate, movimenti di ogni specie, missionari, molteplici e ammirevoli opere di assistenza. Oso dire che mai, negli ultimi due secoli, l' Italia ha conosciuto una vita cattolica così intensa. In questi giorni è uscito un libro di Marcello Pera, Perché dobbiamo dirci cristiani (Mondadori p. 200, 18 euro). Sostiene che il "dialogo interreligioso" (con l' Islam e qualsiasi altra professione di fede) è oggi impossibile. Vorrei capire meglio. È sempre stato impossibile? Le religioni sono cattedrali essiccate, abitate da morti e da spettri, dove nessuno mette il naso alla finestra, perché teme di esser violato nella sua fede? Nel XII e XIII secolo, la mistica bizantina e quella islamica si influenzarono profondamente, generando un tesoro supremo. Ma Marcello Pera, che ignora tutto sull' Islam classico e ignora persino cosa sia una religione, non sa assolutamente niente di questo. Molti secoli prima, ebraismo, cristianesimo, manicheismo, buddismo, Islam, taoismo ebbero rapporti fruttuosi, fecondandosi a vicenda, persino in Cina. Ancora prima, nel quarto secolo dopo Cristo, Fausto di Milevi (appartenente alla feroce eresia manichea, che i cristiani massacrarono per secoli, bruciandone i libri e le vesti rituali), disse a sant' Agostino: «Io ho lasciato il padre e la madre, la moglie, i figli e tutto ciò che il Vangelo chiede di lasciare, e mi chiedi se io accetto il vangelo?... Ho rifiutato l' argento e l' oro e ho smesso di tenere il danaro nella borsa, contento del cibo di ogni giorno, senza curarmi di quello dell' indomani. E tu richiedi se accetto il vangelo?... Tu vedi in me il povero, vedi il pacifico, il puro di cuore, l' uomo che piange, che ha fame, che ha sete, che soffre persecuzioni e odi per la giustizia; e dubiti che accetto il vangelo?». Ancora prima, verso la fine del terzo secolo, sempre gli stessi eretici manichei lessero, in Egitto, questo Salmo: «Gesù, mio vero guardiano, possa tutti proteggere. Tu, figlio primogenito del Padre delle Luci, possa tu proteggermi. Tu sei il vino della vita, il figlio della vera vigna, fa' in modo che noi beviamo del vino vivente della tua vigna. Nel mezzo del mare, Gesù guidami, non abbandonarci, le onde non ci afferrino. Quando io pronuncio il tuo nome sul mare, esso calma le onde... Questo nome, Gesù, una grazia lo circonda. Il tuo fardello è leggero per chi lo porta su di sé...Quanto grande è il tuo amore verso l' uomo, o Gesù, prima rosa del Padre! Fino a che punto giunge la tua dolcezza? Possa io trovare la dolcezza degli dèi». Tutte le frasi che ho ricordato appartengono, o non appartengono, a quello che Marcello Pera chiama con disprezzo "dialogo interreligioso"? Forse mi sbaglio. Come sostiene Marcello Pera, oggi "ogni dialogo interreligioso" è impossibile. Viviamo in tempi mediocri, dove esistono uomini di fede, ma nemmeno un pensatore cattolico (tanto meno islamico). Così può accadere che, in questi tempi, vengano casualmente pubblicati i libri di Marcello Pera.
PIETRO CITATI

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