«Mi sembra che in Italia non si avverta una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un Paese benestante. I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto». Questa è l’ultima uscita in ordine di tempo del "Mio" Presidente del Consiglio; questa è l’uscita che mi ha spinto a scrivere queste righe, come classica ma indecente goccia che fa traboccare un vaso pieno zeppo di delusione, ma fin qui costretto a pensare ad altro piuttosto che a scrivere del proprio sdegno.
Lo faccio ora mosso dall’inaccettabilità di un flatus voci distante dalla realtà di tutti e vicino solo a se stesso, incompatibile con una idea di bene comune nella stessa misura in cui com-patisce solo un bene personale che coincide sempre più con una personale sopravvivenza politica; lo faccio ora mosso dall’esempio di un cittadino toscano, di cui non ho strumenti tecnici per valutare la qualità della proposta economica, ma di cui non posso non apprezzare lo sforzo economico per acquistare una pagina del Corriere, pur non essendo Della Valle, e dal cui amore per il proprio Paese mi sento trascinato. In virtù di questi due stimoli, mi sento di dire anche io “BASTA, ADESSO BASTA DAVVERO”, ma anche “FORZA, ORA SERVE IL MEGLIO DI OGNUNO DEI MIGLIORI”.
Dico “BASTA”, perché faccio fatica a sentire come mio un Presidente del Consiglio che finge di ignorare la verità, che fa finta di non sapere quanto persino io sia più rappresentativo della nostra Italia piuttosto che lui, la sua vita, le sue idee e le sue parole (e persino più di quanti continuano a spendere indebitandosi, rispetto ai quali lui non ritiene di fare da padre saggio, ma solo da avvilente testimonial): vivo da cinque mesi senza uno stipendio, da quattro anni il mio contratto di lavoro in università è annuale; mia moglie è laureata in beni culturali, per due anni è stata schiavizzata da quel precariato barbaro che ha assalito e conquistato anche le cooperative e ora lavora tre ore al giorno insieme ad un commercialista e ad una ragioniera grazie alla sua tenacia (che l’ha portata a mettersi in gioco a fare ciò per cui non ha studiato per ben otto anni) e alla disponibilità di sua zia; sono circondato da amici che non trovano sbocchi in università, che si vedono accorciare il proprio monte ore di commessi nei negozi dei centri commerciali, di disoccupati con una laurea che è più deflazionata della moneta corrente. Ecco, mi sento un campione statistico dell’Italia, di questa Italia di questo esatto momento storico, ma mi sento uno dei campioni statistici ancora messi meglio: perché ho due famiglie, quella di mio padre e mia madre e quella della mamma di mia moglie che riescono a darci dei soldi, a farci spesa e mettere qualcosa per pagare la rata del mio mutuo che altrimenti non saprei come pagare; perché ho una rete di rapporti, amicizie, esperienze e servizi che danno il senso alla mia vita, pur nella loro totale gratuità; perché credo in un Dio che è personale e provvidenziale, al quale comunque mi sento di affidare la mia vita e, sbagliando, non ancora un figlio (vittima incolpevole della contabilità domestica). E allora dico BASTA alla porcheria di parole indecenti non tanto per rispetto mio, ma per rispetto dei molti che stanno peggio di me e che magari non si possono permettere nemmeno di trovare cinque minuti per scrivere questo sfogo. BASTA Presidente del Consiglio: non si permetta più di dire qualcosa di simile, perché così si spoglia non di ciò di cui è abituato a spogliarsi, i suoi vestiti, ma di ciò che crede di avere addosso per diritto e prepotenza, la sua credibilità politica e la sua dignità di uomo rispettoso degli altri. BASTA persone che state vicino a questo "Mio" Presidente del Consiglio: abbiate un po’ di coraggio per sdegnarvi e abbiate la dignità per non fare calcoli personali in questa fase, perché se un pezzo della vostra dignità magari l’avete già venduta, fermatevi e fermatelo, prima di vederla tutta messa nelle mani di chi non merita neppure voi.
Ma dico anche “FORZA”, e lo dico a tutti coloro che fin qui hanno pensato di non essere all’altezza e di non essere significativi, lo dico a tutti i giovani che sono chiamati a prendere in mano il proprio Paese, lo dico a tutti i più grandicelli perché non credano che le loro fatiche siano finite, lo dico a quanti hanno esperienza nei mille rivoli dell’Italia migliore (associazionismo, volontariato, terzo settore): a voi tutti dico che serve il vostro essere il meglio del nostro paese e il meglio di voi. Serve che dal basso venga piantato e germogli il seme di un nuovo modo di vivere la propria vita e di sentirsi partecipi e protagonisti della vita dei propri paesi e del proprio Paese. Questa crisi così generale e generalizzata deve diventare occasione per farsi promotori di una nuova mentalità, per farsi portavoce di nuovi messaggi, per farsi tessitori di nuove relazioni, per farsi costruttori non più di case da condonare ma di una umanità che sappia davvero abitare questo tempo. E allora FORZA davvero, FORZA a uomini e donne che sappiano servire e non assecondare, FORZA a ragazzi e ragazze che sappiano inventare ed ideare piuttosto che spaccare e abdicare, FORZA a lavoratrici e lavoratori che sappiano rivendicare senza compromessi diritti e qualità invece di cedere alla quantità e al sopruso, FORZA a dirigenti, imprenditori e politici che sappiano dare un volto maturo alla responsabilità piuttosto che dare i contorni del privilegio al proprio vivere, FORZA a insegnanti, guide spirituali, sacerdoti ed educatori perché siano i primi testimoni che questo è il momento per rivoluzionare i cardini delle nostre vite e non per scovare nuove scorciatoie, FORZA, infine, a quanti sapranno avere e comunicare la pazienza e la tenacia del vero futuro, affinché ogni generazione impari a pensare a chi ci sarà dopo di sé e predisponga tutto il possibile perché stia realmente meglio.
Luca Alici
Analisi del 2015
8 anni fa
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