martedì 13 aprile 2010

Una parentesi sull'editoria italiana: a partire da un provvedimento di cui si è sentito parlare poco

A rischio la libertà di stampa
Francesco Zanotti


Tratto da "Dialoghi.net. Azione Cattolica e impegno culturale"
www.azionecattolica.it


Il Governo ha azzerato le agevolazioni postali per gli editori. Con un decreto del 30 marzo, entrato in vigore il primo aprile (ma non era un pesce d’aprile, purtroppo!), in un solo colpo sono state tolte tutte le integrazioni che lo Stato garantiva alle Poste, per compensare le tariffe applicate ai singoli editori. Si tratta di un vero e proprio colpo inferto a un settore importantissimo per l’intero Paese. Sono coinvolte migliaia di testate, piccole e grandi, dal Sole 24 Ore alle riviste missionarie, dai settimanali diocesani ai giornali delle associazioni no profit per finire con i libri e Famiglia Cristiana, solo per citare alcuni esempi noti al grande pubblico. Una vera e propria “mazzata” se si pensa che i rincari che fin da subito si sono dovuti affrontare partono da un minimo del 120 per cento per arrivare a 6-7 volte le tariffe in vigore fino al 31 marzo scorso. Un salasso per gli editori che si sono ribellati e hanno chiesto a gran voce un incontro col Governo perché tornasse sui suoi passi.

L’incontro si è svolto giovedì 8 aprile e non ha portato alcuna novità sostanziale. Il Governo ha ribadito l’indisponibilità a proseguire nelle integrazioni sulle tariffe postali, visti i tempi di vacche magre per il bilancio statale, e ha passato la patata bollente alle Poste. Nel primo trimestre 2010 sono stati esauriti i 50 milioni di euro messi in conto per l’anno in corso e così si è chiuso il rubinetto di questo gettito che garantiva un onere postale sostenibile per tantissime pubblicazioni. Ora si è fatta piazza pulita di questo intervento statale e da ieri (lunedì 12 aprile) sono convocati dal Governo tavoli tecnici cui partecipano le varie associazioni di editori che contratteranno con le Poste nuove tariffe da applicare che si avvicinino il più possibile a quelle agevolate precedenti, come auspicato dai rappresentanti del Governo. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta ha strappato all’amministratore delegato delle Poste, Massimo Sarmi, la promessa di fare entrare in vigore questi prezzi con decorrenza primo aprile. Uno spiraglio, in una situazione nuova e del tutto inattesa che rischia di fare chiudere tantissimi giornali e piccoli editori.

A questo punto è bene ribadire la ragione per cui lo Stato da anni concede ai giornali due tipi di contribuzioni, dirette e indirette. Fra queste ultime rientrano le agevolazioni sulle tariffe postali. È vero che ci sono sacche di inefficienza su cui si può migliorare, come ha dichiarato anche don Giorgio Zucchelli, il presidente della Fisc, la Federazione italiana settimanali cattolici che riunisce 186 periodici diocesani per un milione di copie a settimana, ma da quando esistono, i contributi statali sono serviti per mantenere in vita testate che altrimenti avrebbero chiuso i battenti. Il bene da tutelare è prima di tutto la pluralità delle voci, il cosiddetto pluralismo dell’informazione che deve stare a cuore a ogni cittadino.

Oggi ogni intervento dello Stato è visto come uno sperpero di denaro pubblico. Occorre distinguere le diverse situazioni. Per la stampa, per l’informazione in generale e per la cultura c’è un bene superiore da tutelare. Se si lascia tutto all’equilibrio del mercato si rischia di smarrire un bene di gran lunga superiore: avere più punti di vista sui fatti che ci riguardano. Non è una questione di poco conto. Anzi, si tratta di un patrimonio da salvaguardare per una democrazia che ama definirsi tale.

Nel caso specifico sono a rischio centinaia di giornali, molti dei quali radicati da decenni in un dato territorio, di cui spesso sono l’unica fonte di informazione. Oggi c’è il pericolo di far tacere queste voci, di mettere il bavaglio con “un colpo di scure alla libertà di stampa” (così il titolo di Avvenire a pagina 8 del 3 aprile) che non avrebbe precedenti negli ultimi decenni in Italia. È vero che occorre prepararsi alla liberalizzazione del mercato dei servizi postali che si avvierà dal 2011 in Europa, ma azzerare per decreto tutte le agevolazioni postali a campagne abbonamenti chiuse da tempo potrebbe mettere in ginocchio un intero settore e lasciare senza lavoro migliaia di addetti. Speriamo che dagli incontri di questa settimana emerga qualche notizia positiva, sempre che ci sia ancora qualcuno che la possa pubblicare.

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