mercoledì 18 febbraio 2009

Il cancro interno che divora i leader

E alla fine è successo quello che doveva succedere: il morbo invisibile ma oramai noto a tutti, la malattia congenita pur se principalmente sottocutanea, il virus per il quale hanno tutti l’antidoto e nessuno è riuscito in raltà a debellare ha colpito ancora la sinistra italiana e ha finito per uccidere l’ennesimo suo leader. E così l’idea originale che doveva essere il traino della politica italiana e che tutti dovevano inseguire è diventata di colpo il carretto nuovamente carico di reduci sorpresi, costretti a correre ai ripari e ad assistere al partito unico dei propri avversari; il progetto di un’Italia nuova e di una politica ringiovanita è diventato improvvisamente il bozzetto acciaccato di idee soffocate da conflitti interni e stracciato dall’inattualità dei soliti vecchi; l’innovazione carica di ossigeno pulito e capace di coinvolgere un movimento di base molteplice e numerosissimo è diventata in un istante la soffocante nostalgia di logiche logore e passate, logiche che un accanimento terapeutico narcisista e autoreferenziale continua a tenere in vita.
Ed eccoci ora alle solite analisi del giorno dopo, alle consuete lodi della vittima e alle già viste ipotesi di resurrezione: la verità è che Veltroni è stato colpito a morte da un’incapacità di fondo, da una schiavitù subita ma soprattutto dalle scorie tossiche della Chernobyl del comunismo che ancora infettano luoghi e soggetti della sinistra italiana.
La capacità veltroniana di catalizzare persone e valori, aree e correnti (dote e valore innegabile all’interno di un partito che non avrebbe potuto senz’altro trovare una figura alternativa così trasversale e catalizzatrice) si è trasformata però nell’incapacità di mettere in gioco e a frutto la leadership giustamente conseguita, troppo appiattita sulla facciata della comunicazione (in sé senz’altro non un difetto) e del messaggio mediatico più che sui contenuti (il governo ombra che non ha prodotto leggi ombra, le scuole di formazione che sono state spesso una passerella di nomi), troppo spesso rivendicata in momenti di difficoltà senza forgiarla effettivamente nel fuoco di un congresso o di effettivi dibattiti interni, troppo poco in grado di tenere a bada in modo fecondo tradimenti e subdolerie carsiche.
L’accettazione veltroniana di traghettare l’ennesimo passaggio difficile del centro-sinistra italiano, regalandogli la barca prestigiosa di questa sua nuova casa si è trasformata nella schiavitù di un marchio, di una novità, di una comunità chiamata a raccolta troppo velocemente, senza ottenere una chiara ed esplicita disponibilità a lasciare a terra il vecchio e portare in mare solo uno sguardo nuovo sul futuro. La nave, costruita in fretta e furia, realizzata con qualche compromesso rispetto all’altezza del progetto, ha cominciato a scricchiolare; ed ecco allora che non è scattata quella solidarietà tanto invocata e sbandierata verso gli altri e lo straniero, ma stranamente così impossibile per le difficoltà della propria nave e dei propri compagni di viaggio: i primi brontolii, i primi ammutinamenti e il capitano reso schiavo di rotte indecise e insoddisfacenti.
Ma resto dell’idea che la ragione più seria e grave di tutte non pesa certo sulle spalle veltroniane, ma costituisce il vero cancro della sinistra italiana e ha purtroppo un esito nocivo per l’intero paese: un cancro che si chiama incapacità di governare, o meglio non volontà di governare. Lo scoppio del comunismo ha prodotto in Italia una serie di monadi-partito, incapaci di compromessi e dialoghi, autoreferenziali e moniste, in grado solo di scindersi e continuare a scindersi per il gusto di distinguersi e trovare così il modo di dare voce alla propria opposizione. Eccolo il grande male: volere ostinatamente levare parole di opposizione e di critica, solo di opposizione e di critica, per il gusto stantio di mostrarsi come gli autentici e puri portatori del massaggio originario della sinistra; ciò, a costo di rinunciare a qualsiasi progetto per il Paese; l’importante è poter rivendicare un’opposizione ferma e ferrea, a prescindere. E se le scorie dello scoppio sono queste modani, le conseguenze sono duplici: primo che si assiste ad un processo curioso, che sta portando ad una sorta di triste coincidenza tra individuo e partito, e quindi alla creazione di soggetti politici nel senso letterale – ed individuale – del termine; secondo, ed è il vero dramma, che questa malattia mortale sta mietendo vittime illustri e moderate, sta facendo scomparire le uniche figure di mediazione, sacrificate sull’altare del dialogo e della novità. Se la risposta migliore al cesarismo berlusconiano che il centro-sinistra sa dare è l’omicidio politico di tutte le figure di dialogo, la conseguenza che ci aspetta è la miseria di tanti piccoli prepotenti semplici finti leader che litigano tra loro e lasciano, per anni, il paese in mano a chi bellamente li guarda e sorride.

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